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Ristoranti e recensioni nell’Ottocento: cosa rivelano le lamentele degli uomini

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Scaldare la carne avanzata dal giorno prima era un modo per risparmiare? Nah, solo una scusa in più che gli uomini avevano per mangiare al club, anziché a casa. Un falso risparmio quindi, secondo Charles Shelby e il suo libro satirico Memorie di uno stomaco, del 1853. Se siete lettori assidui del mio blog, saprete quanto trovi affascinante la realtà dei club londinesi, quell’universo vittoriano di sfarzi ed eccessi ancora oggi avvolto da un alone di foschia. Ho dedicato ben 3 videoblog all’argomento, per cominciare ve li ripropongo qua sotto:

Vi ho parlato anche del mio club preferito in assoluto, il Garrick club, ma oggi facciamo un piccolo viaggio che ci porta nella cucina del Reform Club, al fianco dello chef tanto amato dai gentiluomini della City e di cui vi ho già proposto le ricette della crema all’ananas e della crema frangipane. Di origine francese, Alexis Soyer ricoprì dal 1837 al 1850 il ruolo di chef del Reform Club, uno dei club più esclusivi di Londra, e oltre a numerosi libri di ricette firmò anche il volume The Modern Housewife nel 1849, che parla non solo di cucina, ma affronta anche la tematica della gestione della casa in senso più ampio. Ciò che è interessante è che proprio Soyer, che ben conosceva le abitudini dei cosiddetti club-goers, affermava che il motivo principale a spingere gli uomini a frequentare i club fosse un gestione insoddisfacente della casa da parte della moglie. Anche i giornali del tempo spesso attribuivano l’assenza dell’uomo tra le mura domestiche a un ambiente fin troppo impregnato del gusto femminile: i club erano arredati con maggior decoro, epurati da qualsivoglia fronzolo superficiale con il quale, sempre a detta dei giornali, solo una donna avrebbe dato disposizione di ornare le proprie stanze. 

L’unico luogo dove però gli uomini non rinunciavano agli sfarzi, era la tavola: Lady Blessington scrisse che gli uomini preferivano “una cena elegante alla donna più elegante del mondo”. Ma una domanda sorge spontanea… era la cucina del Reform Club davvero così perfetta da far meritare alla donna una vita di pasti in solitaria? La studiosa Helen Day ha tentato di trovare una risposta e fra gli archivi del club ha riesumato un reperto estremamente interessante – nonché a tratti immensamente divertente: si tratta del “Coffee Room Complaints Book”, cioè un volume che raccoglie tutte le lamentele, ben 199, indirizzate alla cucina dai membri del Reform Club nel periodo che va dal giugno 1837 all’agosto 1842. In generale, le lamentele possono essere suddivise in tre tipologie: quelle riguardanti il prezzo, quelle legate alla qualità del cibo offerto e quelle che si scagliavano contro l’inefficienza del servizio. Tra queste tre categorie però, il prezzo rimaneva sempre il tasto più dolente.

Molte proteste riguardavano nello specifico il prezzo dell’agnello, a cui tempestivamente la Commissione rispondeva che si trattava di una carne costosa, e che il prezzo proposto era perfettamente in linea con quello del menu dell’Athenaeum e di altri club esclusivi di Londra – cioè 2 pence. A chi ce l’aveva col prezzo del pesce, la pronta risposta era che in realtà il prezzo al Reform Club fosse estremamente competitivo, cioè 2 scellini e 6 pence per porzione, contro il prezzo del Clarendon che invece chiedeva 10 scellini per 3 porzioni.

Diversi scambi fanno notare come i prezzi delle portate fluttuassero insieme a quelli degli ingredienti, un esempio in particolare che attirò numerose critiche fu il prezzo dei vol-au-vent, uno dei piatti forti di Soyer, che la Commissione si rifiutò di abbassare, per via degli ingredienti costosi necessari alla preparazione. 

Colpisce inoltre che le critiche legate alla qualità fossero piuttosto vaghe: qualcuno lamentava che il piatto servitogli fosse “inaccettabile”, altri lo definivano “grasso”, altri “poco equilibrato” o “mediocre”, insomma, i dettagli scarseggiano e non ci permettono di farci una chiara idea del problema.

Ma perché è interessante analizzare e comprendere queste critiche? Che cosa ci raccontano de gentiluomini della capitale del grande Impero Britannico? Be’, secondo Helen Day i reclami raccolti nel volume ci tramandano una prova inconfutabile dell’ignoranza degli uomini verso qualsiasi tematica legata alla gestione delle casa e, per naturale conseguenza, della cucina. Che ne potevano sapere gli uomini del costo degli ingredienti o delle quantità necessarie? Della reperibilità di alcune carni o verdure, o delle stagionalità? Le fluttuazioni nei prezzi, che rappresentavano una delle principali cause di disappunto dei ricchi membri dei club, erano infatti del tutto normali, come ci racconta il libro di Mrs Beeton nel suo Mrs Beeton’s Book of Household Management del 1861: “Non v’è nulla di più complesso dell’indicare il prezzo medio del pesce, poiché poche ore di mare in burrasca son capaci, nell’arco d’una stessa giornata, di causare una tale fluttuazione nelle quantità disponibili, che lo stesso pesce – il rombo, per esempio – che può costare oggi sei o sette scellini, al mercato di domani potrebbe vendersi magari al doppio del prezzo.” Non ci stupisce quindi l’incapacità da parte degli uomini di argomentare le proprie proteste e trasformarle in critiche costruttive per lo staff del Club.

Insomma, anche i più grandi chef se la sarebbero vista davvero brutta se qualcuno avesse già inventato TripAdvisor nell’Ottocento… ma pensate a quante altre cose avremmo imparato!

FONTI

  • Helen Day, A Common Complaint: Dining at the Reform Club, Victorian Literature and Culture , 2008, Vol. 36, No. 2 (2008), pp. 507-530

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Sei sul blog di Laura Bartoli

Da anni studio, colleziono e traduco Charles Dickens. Sono una digital strategist appassionata di libri antichi e viaggio alla ricerca dei luoghi dove il tempo si è fermato all’età vittoriana. Clicca qui per conoscermi meglio!